Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 - ricorrente; 
    contro la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona  del
Presidente della Regione pro-tempore, con sede legale in Trieste alla
piazza Unita' d'Italia n. 1 - intimata; 
    per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 4,
commi da 16 a 23, della legge della Regione  Autonoma  Friuli-Venezia
Giulia 6 agosto 2021 n.  13,  come  da  delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 7 ottobre 2021. 
    Nel B.U.R. della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.  32  dell'11
agosto 2021 e' stata pubblicata la legge regionale n. 13 del 6 agosto
2021, recante «Assestamento del bilancio per gli  anni  2021-2023  ai
sensi dell'art. 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26». 
    Il Governo ritiene che le previsioni contenute nell'art. 4, commi
da 16 a 23, della suddetta legge eccedano  le  competenze  attribuite
alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  dallo  Statuto   speciale   di
autonomia, e si pongano in contrasto con gli articoli: 
      - 117, comma primo Cost., che impone alle Regioni di esercitare
la potesta' legislativa anche  nel  rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento eurounitario; 
      - 117, comma secondo, lettera e), Cost.,  nella  parte  in  cui
riserva la promozione e la tutela della concorrenza  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato; 
        - 117, comma terzo, Cost.,  per  contrasto  con  la  potesta'
legislativa  concorrente  in  materia  di  produzione,  trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia. 
    Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. Illegittimita' dell'art. 4, commi da  16  a  23,  della  legge
della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia 6 agosto 2021 n. 13, per
violazione dell'art. 117, comma primo Cost., che impone alle  Regioni
di esercitare la potesta' legislativa anche nel rispetto dei  vincoli
derivanti  dall'ordinamento  eurounitario;   dell'art.   117,   comma
secondo, lettera e), Cost., nella parte in cui riserva la  promozione
e la tutela della concorrenza alla competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato; dell'art. 117, comma terzo, Cost., per contrasto con  la
potesta' legislativa concorrente in materia di produzione,  trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia. 
    L'art. 4 («Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile»)
della legge regionale Friuli-Venezia Giulia  n.  13/2021,  disciplina
dal comma 16 al comma 23 il  rinnovo  delle  concessioni  di  piccole
derivazioni d'acqua ad uso idroelettrico in favore del concessionario
uscente, nelle  more  dell'approvazione  della  disciplina  regionale
relativa all'assegnazione,  in  regime  di  concorrenza,  dei  titoli
concessori. 
    Nel dettaglio, il comma 16 dispone che le concessioni di  piccole
derivazioni  d'acqua  possono  essere   rinnovate   in   favore   del
concessionario uscente fino al 31 dicembre 2031 a condizione che: 
      sia accertato che non sussiste un prevalente interesse pubblico
ad un diverso uso della risorsa idrica, incompatibile in tutto  o  in
parte con l'uso a fine idroelettrico; 
      persistano  fini,  condizioni  e  modi   di   esercizio   della
derivazione  stessa,  relativi  alla  tutela,  alla  quantita',  alla
qualita' e all'uso della risorsa idrica  e  alla  valorizzazione  del
corpo idrico; 
      sia  previsto  che  condizioni  e  modi  di   esercizio   della
derivazione siano resi adeguati alla normativa e alla  pianificazione
di settore vigente. 
    Il comma 17 dispone l'ulteriore differimento al 31 dicembre  2036
della data di rinnovo delle concessioni di cui al comma 16, qualora: 
      la potenza nominale di concessione sia inferiore a 220 kW; 
      l'impianto   idroelettrico   sia   posizionato   su    condotte
acquedottistiche; 
      il concessionario sia una cooperativa di autoconsumo; 
      il concessionario sia una pubblica amministrazione. 
    I commi 18, 19, 20 e 21 disciplinano le istanze di rinnovo  delle
concessioni definite dal comma 16, mentre  il  comma  22  estende  la
disciplina di cui ai precedenti commi anche alle istanze  di  rinnovo
delle concessioni di piccole derivazioni d'acqua ad uso idroelettrico
gia' presentate alla data di entrata in vigore della legge  regionale
in argomento. 
    Infine, il comma 23 modifica l'art. 48 comma  8  («Rinnovo  della
concessione»)  della   legge   regionale   n.   11/2015,   escludendo
l'applicazione della disciplina ivi dettata per tutte le  concessioni
(grandi e piccole) di derivazione d'acqua ad uso idroelettrico. 
    In  base  alle  citate  disposizioni  la  Regione   ha   disposto
l'automatico rinnovo - in favore del concessionario uscente  -  delle
concessioni di piccole derivazioni d'acqua ad uso idroelettrico,  sia
pure nelle more dell'approvazione della  nuova  disciplina  regionale
relativa    all'assegnazione    delle     concessioni,     sottraendo
l'aggiudicazione   di   tali   titoli   concessori   alle   dinamiche
concorrenziali. 
    Va tenuto conto che la gestione di centrali idroelettriche per la
generazione di energia costituisce un'attivita' economica,  ai  sensi
dell'art. 57 TFUE, cui sono applicabili, in via generale, i  principi
della liberta' di stabilimento  di  cui  all'art.  49  TFUE  e,  piu'
specificamente, i principi della Direttiva servizi  2006/123/CE  (nel
prosieguo: Direttiva Bolkestein), recepita con decreto legislativo 26
marzo 2010 n. 59. 
    L'art. 12 della Direttiva Bolkestein stabilisce che  «Qualora  il
numero di autorizzazioni disponibili per  una  determinata  attivita'
sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali  o  delle
capacita' tecniche  utilizzabili,  gli  Stati  membri  applicano  una
procedura di selezione  tra  i  candidati  potenziali,  che  presenti
garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare,
un'adeguata  pubblicita'  dell'avvio  della  procedura  e   del   suo
svolgimento e completamento. [...] Nei casi di cui al  paragrafo'  1,
l'autorizzazione e' rilasciata per una durata limitata adeguata e non
puo' prevedere la procedura di rinnovo automatico ne' accordare altri
vantaggi al prestatore uscente o a persone che  con  tale  prestatore
abbiano particolari legami». 
    La normativa nazionale di recepimento della direttiva 2006/123/CE
ha previsto all'art. 16 del decreto legislativo n. 59/2010,  che  «1.
Nelle ipotesi in cui il numero di  titoli  autorizzatori  disponibili
per una determinata attivita' di servizi  sia  limitato  per  ragioni
correlate alla scarsita' delle risorse  naturali  o  delle  capacita'
tecniche disponibili, le autorita' competenti applicano una procedura
di  selezione  tra  i   candidati   potenziali   ed   assicurano   la
predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri
ordinamenti, dei  criteri  e  delle  modalita'  atti  ad  assicurarne
l'imparzialita', cui le stesse devono attenersi. [...] 
    4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo  e'  rilasciato  per  una
durata limitata e non  puo'  essere  rinnovato  automaticamente,  ne'
possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente  o  ad  altre
persone, ancorche' giustificati da particolari legami con il primo». 
    D'altra  parte,  la  necessita'  di   procedure   competitive   e
l'illegittimita' di un  rinnovo  automatico  delle  concessioni  alla
scadenza sono  stati  evidenziati,  con  specifico  riferimento  alle
concessioni idroelettriche di cui all'art. 30 del R.D.  n.  1775/1933
(T.U. acque e impianti  elettrici),  dal  Tribunale  Superiore  delle
acque pubbliche (TSAP) che, nella sentenza n. 201/2018, ha  affermato
che tale disposizione «deve essere disapplicata nella  parte  in  cui
consente il rinnovo di un contratto di concessione, senza  la  previa
indizione di una procedura trasparente e conoscibile che consenta  ai
terzi che vi hanno interesse di formulare una  proposta  concorrente,
sulla base dei principi  di  derivazione  comunitaria  per  i  quali,
quando l'amministrazione attribuisce occasioni di vantaggio a privati
in relazione a beni pubblici la cui disponibilita' sia limitata, deve
rispettare i principi di  non  discriminazione  e  pari  trattamento,
corollari di quello di concorrenza cui si basa il Trattato UE». 
    Di recente, la Corte di Cassazione con la sentenza  n.  1082/2020
ha  affermato  analoghi  principi  concernenti   il   rinnovo   delle
concessioni demaniali marittime. La Suprema  Corte,  conformemente  a
quanto  gia'  stabilito  dal  TSAP,  ha  disapplicato  la  disciplina
nazionale per contrasto con l'art. 12 della Direttiva Bolkestein,  in
quanto norma self-executing dell'ordinamento eurounitario, precisando
che «e' indubbio, dopo la  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
227/2010, che l'art. 12 della Direttiva Bolkestein e' self-executing,
cioe' ha efficacia diretta negli ordinamenti degli Stati membri» (sul
punto, cfr. anche della Corte costituzionale, sentenza n. 10/2021). 
    La Direttiva Bolkestein non  prevede  soglie  di  applicabilita',
imponendosi    indipendentemente    dalla     rilevanza     economica
dell'attivita' svolta. Pertanto, nella  misura  in  cui  trattasi  di
attivita' economica ossia,  nel  caso  di  specie,  di  produzione  e
vendita di energia sul mercato, l'art. 12 della Direttiva  Bolkestein
si applica quale che sia la potenza nominale degli impianti, ed anche
in caso di situazioni puramente interne,  ossia  prive  di  rilevanza
transfrontaliera  (vedasi  CGUE,  sentenza  30  gennaio  2018,  cause
riunite C-360/15 e C-31/16, Visser, punti 103, 105, 107, 108 e 110). 
    Tuttavia, nel caso di specie la contestata procedura  di  rinnovo
in violazione dell'art. 12 della Direttiva Bolkestein non puo' essere
giustificata ne' con la circostanza che la Regione  si  troverebbe  a
far fronte a molteplici istanze  che  necessitano  di  tempi  tecnici
incomprimibili  per  essere  adeguatamente  istruite   e   poste   in
concorrenza, ne' sulla base di un presunto legittimo affidamento  dei
concessionari uscenti. 
    Circa il primo punto, l'onere amministrativo della trattazione di
molteplici istanze  di  rinnovo  non  puo'  giustificare  la  mancata
indizione  di  procedure  competitive  di  selezione  in   violazione
dell'art. 12, paragrafo 1, della Direttiva  Bolkestein,  dal  momento
che tale articolo si impone all'applicazione  da  parte  dello  Stato
italiano - in tutte le sue  articolazioni  -  gia'  a  partire  dalla
scadenza del termine di  recepimento  della  direttiva  (28  dicembre
2009). 
    Pertanto, stante il lungo lasso di tempo trascorso dalla  vigenza
dell'obbligo in questione, l'apertura al  mercato  delle  concessioni
poteva essere gestita organizzando,  per  tempo,  ordinate  procedure
competitive di rinnovo. 
    Ad ogni modo, per costante  giurisprudenza  unionale,  «lo  Stato
membro non puo' eccepire difficolta' pratiche  o  amministrative  per
giustificare l'inosservanza degli obblighi e dei termini stabiliti da
una direttiva. 
    Lo stesso dicasi per le difficolta' finanziarie che  spetta  agli
Stati membri superare adottando le misure adeguate»  (CGUE,  sentenza
30 novembre  2006,  Commissione  c.  Italia,  C-293/05,  punto  35  e
giurisprudenza ivi citata, in particolare sentenza 18  ottobre  2012,
causa C-301/10, Commissione c. Regno Unito, punto 66). 
    Circa il «legittimo»  affidamento  che  i  concessionari  uscenti
avrebbero maturato  al  rinnovo  della  concessione,  la  CGUE  nella
sentenza «Promoimpresa» del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14  e
C-67/15) ha affermato che «[...] / una  giustificazione  fondata  sul
principio  della  tutela  del  legittimo  affidamento  richiede   una
valutazione caso per caso che consenta di dimostrare che il  titolare
dell'autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della
propria autorizzazione e ha effettuato i relativi  investimenti.  Una
siffatta  giustificazione   non   puo'   pertanto   essere   invocata
validamente a  sostegno  di  una  proroga  automatica  istituita  dal
legislatore nazionale e  applicata  indiscriminatamente  a  tutte  le
autorizzazioni in questione» (punto 71). 
    La  tutela  del   legittimo   affidamento   non   puo',   dunque,
giustificare una disciplina di rinnovo, come  quella  prevista  dalla
legge regionale in questione, che non contempli condizioni e  criteri
nel rispetto dei quali si possa procedere all'accertamento, caso  per
caso,  dell'eventuale  legittimo  affidamento  maturato  dal  singolo
concessionario uscente e, ove accertato, della sua consistenza, sulla
base del quale ponderare un periodo di rinnovo. 
    In  mancanza  delle  condizioni  suddette  non   puo'   ritenersi
acquisito in capo agli operatori economici un  legittimo  affidamento
al rinnovo  dei  titoli  concessori  in  scadenza,  perche'  cio'  si
tradurrebbe nella sostanziale  sottrazione  del  settore  di  cui  si
discute alle dinamiche concorrenziali. 
    Codesta ecc.ma  Corte,  tra  l'altro,  ha  chiarito  che  «spetta
unicamente alla legislazione statale disciplinare in modo uniforme le
modalita' e i limiti della tutela dell'affidamento dei titolari delle
concessioni gia' in  essere  nelle  procedure  di  selezione  per  il
rilascio di  nuove  concessioni,  assicurando  che  i  criteri  e  le
modalita' di affidamento siano stabiliti nell'osservanza dei principi
della libera concorrenza e della liberta' di stabilimento di  matrice
comunitaria e nazionale» (Corte costituzionale, 9 gennaio 2019, n. 1;
sentenza n. 118 del 2018, sentenze n. 157 e n. 40 del 2017). 
    Le concessioni devono ritenersi soggette  al  regime  della  gara
anche nelle richiamate fattispecie concessorie di  autoconsumo  (art.
4, comma 17, punto terzo, della legge regionale n.  13/2021),  attesa
la necessita' di rispettare il  principio  eurounitario  e  nazionale
alla stregua del quale un bene pubblico deve connotarsi in termini di
massima contendibilita'. 
    Invero, con particolare riferimento alle ipotesi di  autoconsumo,
lo stesso art. 12 della Direttiva Bolkestein (recepito  dall'art.  1,
decreto  legislativo  n.  59/2010)  trova  applicazione  per   quanto
riguarda la parte di attivita' non destinata all'autoconsumo,  bensi'
al mercato. Difatti, con riferimento a tale parte  di  attivita',  la
concessione  non  fa  altro  che  autorizzare   lo   svolgimento   di
un'attivita' economica - ossia la vendita  sul  mercato  dell'energia
elettrica prodotta - e non il  mero  soddisfacimento  del  fabbisogno
energetico del concessionario. 
    Sebbene   nelle   intenzioni   del   legislatore   regionale   le
disposizioni citate siano transitorie, esse  finirebbero,  di  fatto,
per vanificare la portata di una futura disciplina dei rinnovi  delle
concessioni di piccole derivazioni conforme ai vincoli ed ai principi
di derivazione europea sopra richiamati. 
    Peraltro,  la  necessita'  di  un  confronto  competitivo   equo,
trasparente e non discriminatorio ad ogni scadenza della concessione,
soddisfa non solo l'interesse dei potenziali partecipanti,  ma  anche
(e in primis) quello della  stessa  Amministrazione  concedente,  dal
momento che le consente di scegliere, periodicamente, il progetto con
le migliori caratteristiche in termini di innovazione,  efficienza  e
compatibilita' ambientale. 
    In ultimo, si evidenzia che l'Autorita' Garante della Concorrenza
e del Mercato nell'Osservazione AS 1722 del 3  marzo  2021,  resa  ai
sensi dell'art. 21 della legge n. 287/1990, in relazione ai  «Rinnovi
automatici di concessioni per piccole  derivazioni  d'acqua  a  scopo
idroelettrico», ha affermato che  il  quadro  normativo  nazionale  e
regionale vigente, non prevedendo, in sede di  richiesta  di  rinnovo
delle  concessioni  per  piccole   derivazioni   idroelettriche,   la
possibilita' per i terzi di avanzare una domanda per lo  sfruttamento
del medesimo corso d'acqua con un progetto diverso e  in  concorrenza
con quello esistente, contrasta sia con il  diritto  eurounitario  in
materia di prestazione di servizi, che con  il  diritto  eurounitario
e/o nazionale in materia di concorrenza. In secondo luogo, la  stessa
AGCM ha invitato i legislatori regionali e provinciali, competenti in
materia  di  rilascio  di   concessioni   per   piccole   derivazioni
idroelettriche alla  loro  scadenza.  a  modificare  le  disposizioni
regionali  e  provinciali  preesistenti  sul  rinnovo  automatico  al
concessionario  incumbent,  sostituendole  con  discipline  che,  pur
potendo prevedere procedure semplificate nei casi di  concessioni  di
potenza nominale media annua particolarmente ridotta, siano  comunque
massimamente contendibili, trasparenti, aperte e non discriminatorie.
Tali discipline dovranno, altresi', da un  lato  evitare  misure  che
possano  avvantaggiare   impropriamente   il   gestore   uscente   e,
dall'altro,  sterilizzare  i  potenziali   frequenti   conflitti   di
interessi fra concedente e concessionario. 
    La stessa AGCM ha rimesso il coordinamento e  la  definizione  di
principi generali comuni alla Conferenza Permanente  per  i  rapporti
tra Stato, Regioni  e  Province  Autonome,  affinche'  queste  ultime
esercitino le rispettive competenze normative in materia  di  rinnovo
delle  concessioni   di   piccole   derivazioni   d'acqua   a   scopo
idroelettrico in  piena  conformita'  ai  vincoli  costituzionali  ed
eurounitari e nel rispetto dei principi di promozione e tutela  della
concorrenza.  L'AGCM  ha  ribadito  che  questi  principi,  oltre   a
costituire, come da costante giurisprudenza  costituzionale,  materia
di competenza statale esclusiva,  la  cui  violazione  pregiudica  la
legittimita'  costituzionale  delle  norme  regionali  o  provinciali
contrastanti, «definiscono il miglior quadro di  riferimento  per  un
intervento normativo correttamente finalizzato ad un  pieno  sviluppo
del settore economico in oggetto». 
    Conclusivamente,   per   i   motivi   suesposti,    il    sistema
complessivamente delineato dal legislatore regionale  con  l'art.  4,
commi da 16 a 23, della  legge  regionale  Friuli-Venezia  Giulia  n.
13/2021,   risulta   costituzionalmente   illegittimo   (cfr.   Corte
costituzionale, sentenze nn. 1/2008, 339/2011 e 114/2012, della Corte
costituzionale). 
    Alla stregua di quanto rilevato, non vale, d'altra parte, evocare
concorrenti competenze regionali, posto che anche lo Statuto speciale
di autonomina della Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 4,  comma  1,
cui rinvia l'art. 5, comma  1)  impone  il  rispetto  degli  obblighi
internazionali dello Stato; netta e' inoltre sia  la  violazione  del
principio sostanziale di concorrenza, sia comunque l'invasione  della
competenza legislativa dello Stato  in  materia  di  concorrenza,  da
parte della norma regionale impugnata. 
    In  base  alla  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma   Corte,   le
disposizioni "regolanti le procedure di gara sono riconducibili  alla
materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche  ad
autonomia speciale,  non  possono  dettare  una  disciplina  da  esse
difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013,  n.
328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (cfr.  sentenza  n.  39  del
2020). 
    La riconducibilita' delle disposizioni che prorogano  i  rapporti
di concessione alla materia di  competenza  esclusiva  statale  della
«tutela della concorrenza»  comporta  che  -  in  tale  ambito  -  le
Regioni, anche a statuto speciale, non abbiano spazio  di  intervento
(in termini, della Corte costituzionale, sentenza, 11 febbraio  2021,
n. 16). 
    Codesta ecc.ma Corte (sentenza, 17 dicembre 2008, n. 411) ha  poi
chiarito che la competenza legislativa primaria  in  talune  materie,
attribuita dagli Statuti alle  Regioni  ad  autonomia  speciale,  non
concerne le norme relative  alle  procedure  di  gara  di  appalti  e
concessioni, che costituiscono, invece,  oggetto  delle  disposizioni
del  Codice  dei  contratti  pubblici,  alle  quali,   pertanto,   il
legislatore regionale e' tenuto ad adeguarsi, sicche' le disposizioni
regionali nei suddetti ambiti ledono la  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia di tutela della concorrenza, esorbitando dai  limiti
della potesta' legislativa esclusiva regionale. 
    La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia,  in  presenza  di  una
previsione  statutaria   che   attribuisce   competenza   legislativa
concorrente in  materia  di  «utilizzazione  delle  acque  pubbliche,
escluse  le  grandi  derivazioni»  (art.  5,  comma  1,  n.  14),  e'
legittimata a disciplinare il  settore  ma,  nell'esercizio  di  tale
specifica competenza, deve rispettare i limiti fissati dallo  Statuto
speciale e, in particolare, «gli obblighi internazionali dello Stato»
(art. 4, comma 1, cui rinvia l'art. 5, comma 1). 
    Vanno  altresi'  rispettati  i  principi   della   tutela   della
concorrenza strumentali ad  assicurare  le  liberta'  comunitarie  e,
dunque, le disposizioni contenute nel decreto legislativo n.  59/2010
(di  recepimento  della  direttiva  2006/123/CE)  e  nel  Codice  dei
contratti  pubblici  che  costituiscono  diretta   attuazione   delle
prescrizioni poste a livello europeo. Vanno  altresi'  osservati,  in
quanto principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica  e  norme
fondamentali  di  riforma  economico-sociale,   le   norme   statali,
contenute nel Codice dei contratti pubblici,  relative,  soprattutto,
alla fase di aggiudicazione e proroga di appalti e  concessioni,  che
deve essere uniforme sull'intero  territorio  nazionale,  in  ragione
dell'esigenza di assicurare il rispetto del principio di  uguaglianza
(Corte costituzionale, 17 giugno 2010, n. 221). 
    Codesta ecc.ma Corte ha altresi' chiarito che «Lo stesso sviluppo
argomentativo del ricorso rende evidente come il richiamo alla tutela
della  concorrenza  serva  a  lumeggiare  la  natura   di   parametro
interposto delle  norme  del  codice  dei  contratti,  parametro  che
riempie di contenuto i limiti  statutari  alla  potesta'  legislativa
regionale in materia di lavori pubblici»  (Corte  costituzionale,  18
ottobre 2016, n. 263). 
    In sintesi, gli articoli violati sono i seguenti: 
      - art. 117 comma  primo  Cost.,  che  impone  alle  Regioni  di
esercitare la potesta' legislativa anche  nel  rispetto  dei  vincoli
derivanti  dall'ordinamento  eurounitario:   in   questo   caso,   la
violazione dell'art. 12, paragrafo  1,  della  Direttiva  Bolkestein,
recepito  nell'ordinamento  nazionale  con  l'art.  16  del   decreto
legislativo n. 59/2010 e, piu' in generale, del principio unionale di
massima partecipazione concorrenziale, integra appunto la  violazione
dell'art. 117, comma primo della Costituzione; 
      - art. 117, comma secondo, lettera e) Cost., nella parte in cui
riserva la promozione e la tutela della concorrenza  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato, cui appartiene la disciplina della
proroga delle concessioni di beni e servizi pubblici; 
      - art. 117, comma terzo Cost., per contrasto  con  la  potesta'
legislativa  concorrente  in  materia  di  produzione,  trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia,  i  cui  principi  fondamentali
(quale la necessita' di procedure competitive eque, trasparenti e non
discriminatorie ad ogni  scadenza  della  concessione  della  risorsa
idrica), per costante giurisprudenza  costituzionale,  non  tollerano
eccezioni sull'intero territorio nazionale (cfr. da  ultimo  sentenza
n. 126/2020 della Corte costituzionale). 
    Per i motivi suesposti, si  promuove  questione  di  legittimita'
costituzionale relativamente all'art. 4, commi  da  16  a  23,  della
legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia 6 agosto 2021,  n.
13.